Con Francesco verso Roma


D
i Cristina Vonzun



Mesi fa ci eravamo interrogati su un modo adeguato per preparare i nostri giovani alla Giornata Mondiale della Gioventù. Nacque allora il desiderio di farli incontrare con qualcosa di essenziale, di forte, qualcosa e qualcuno che affermasse Cristo in modo irripetibile e che lasciasse il segno.

Così lasciando la via più diretta che va da Firenze verso Roma, ci dirigemmo verso le colline e i monti dell’Umbria: laggiù avremmo trovato quello che in fondo stavamo cercando.  Gualdo e il Monte Penne, La Verna, Assisi, San Damiano, Le Carceri, Santa Maria degli Angeli, il Subasio, Gubbio… in ognuno di essi, lui Francesco figlio di Bernardone è passato. A lui abbiamo affidato allora, sposando sorella umiltà, la guida per camminare diritti verso Roma.


Le sue tracce nelle rocce di La Verna


Per motivi dovuti al percorso, abbiamo cominciato a ritroso, partendo da un luogo che ha segnato gli ultimi anni della vita di Francesco: La Verna.

Qui tutto lascia trasparire il Cristo che Francesco ci ha testimoniato: il Cristo povero che dorme sulla nuda terra.

E’ il Cristo che dice al giovane di oggi che per trovarlo occorre spogliarsi non tanto di quattrini e agi, ma di quello che l’uomo cerca quando si corica in un giaciglio: occorre spogliarsi del quieto vivere. Il cristianesimo è fatto di inquietudine, di ricerca, di uomini e donne che sanno sempre essere come le vergini della parabola, ritte con le lucerne in mano.

Francesco dormiva sulla nuda roccia di La Verna. Il suo cuore inquieto lo aveva spinto fin lassù, nella durezza della montagna trovava la durezza della vita che non fa mai sconti, che interroga, che chiede ragione di tutto.

Francesco abbracciava la nuda terra e affermava che la vita è lotta, ricerca, abbandono a Dio. Francesco nell’abbandono riceveva le stigmate, segno dell’amore di Cristo, segno che tutto quello che conta, in fondo, è solo l’amore. Ecco il volto di sorella povertà: il volto di coloro che si lasciano spogliare dal possedere se stessi per possedere Cristo per sempre.


San Damiano e la missione


Ovunque scorra lo sguardo vedi attorno a te, colline verdeggianti. I nostri giovani vivono a San Damiano la seconda tappa del loro cammino verso Roma. Siamo fuori da Assisi, alle pendici del Subasio. In questo luogo veniva il giovane Francesco a pregare, a cercare un po’ di silenzio nei giorni del discernimento. La piccola chiesetta che si presentava ai suoi occhi non era certo in buono stato. All’interno di essa vi era un grande crocifisso. Ai suoi piedi Francesco pregava. Fu lui, il grande crofisso di San Damiano, a dare a Francesco le coordinate della sua vita: “Francesco, ripara la mia casa che come vedi è tutta in rovina!”. Un messaggio e un programma di vita che questo giovane uomo negli anni a venire avrebbe potuto trasformare nel più incredibile movimento rivoluzionario della storia della Chiesa. Francesco avrebbe potuto, da li a pochi anni, lanciare una sorta di riforma anticipata… Ma era nella casa che Francesco doveva stare. Quale lezione di grande umiltà e di amore alla Chiesa da proporre ai nostri giovani. Essere capaci di novità nella Chiesa di Cristo. Portatori di una novità di stili, di vita, di incontro mantenendosi dentro la casa di Cristo. Davanti al crocifisso di San Damiano erano riepilogate come in anticipo, le grandi immagini di Tor Vergata che in fondo hanno fatto scopertine/coprire a molta gente la gioia e la serietà di tutti questi giovani. Prepararsi a Tor Vergata sentendo l’eco delle parole rivolte a Francesco è stato per i nostri giovani, in fondo, un riassumere in modo responsabile che nella Chiesa essi sono e devono essere protagonisti! Il Papa in questo non li smentisce mai! I giovani non sono la coreografia della Chiesa, da sventolare in raduni oceanici per poi tranquillizzare gli operatori pastorali che dopo tutto c’è ancora fede: i giovani sono convocati e mossi da quel Cristo che anche a loro dice: “va e ripara la mia Chiesa”. Ed essi la riparano ridandole gioia, ridandole speranza, ridandole coraggio.


Il mistero di sorella povertà


Francesco la povertà l’aveva vista nei tanti miseri che si aggiravano per le strade di Assisi e dell’Umbria. A quei tempi la povertà era molto diffusa, la gente povera la si vedeva più di oggi. La chiamata di Francesco ad abbracciare sorella povertà, muove da questo contesto, ma non lo si può ridurre solo a ciò.

L’essere povero di Francesco, cosa dice ai giovani di oggi ? Anzitutto dice chiamata alla povertà essenziale di cui quella materiale non è che un segno visibile.

Questa povertà è quella di spirito, quella detta da Gesù:  “Beati i poveri in Spirito”.

Si tratta allora di rileggere le coordinate della propria vita: non più appoggiarsi su di sé ma costruire su Cristo e con Cristo.

Il cantico delle creature: rivedere tutte le cose in modo nuovo

Svariate ../../../../ poetiche hanno accompagnato da sempre le storie del rapporto tra Francesco e la natura. Cosa raccontare ai nostri giovani?  Francesco camminava avanti e indietro per l’Italia, andava all’estero, percorreva chilometri, dormiva in luoghi angusti, faceva fatica, spesso mangiava malamente o non mangiava affatto… Dentro questo rapporto tutt’altro che astratto con la realtà, Francesco ci ha parlato della natura. Natura da guardare e contemplare nel gelo delle notti, quando il vento lo sferzava … Eppure Francesco contemplava e sapeva contemplare sia il cielo stellato nelle notti estive dall’Eremo delle Carceri, così come l’aria gelida che lo raggiungeva durante le sue trasferte invernali. Tutte le cose erano riviste nel mistero del crocifisso di San Damiano...  fino all’apoteosi … chiamare la morte … sorella morte.

Cosa cercava allora Frate Francesco? Cercava anche qui l’essenziale, Cristo, ed era Cristo che gli faceva lodare tutto quanto gli stava attorno, anche … sorella morte.


Roma, il Papa, Trastevere


Ecco Francesco e la sua banda di straccioni mendicare udienza dal Papa a Roma. Vengono alloggiati a Trastevere, proprio dove il nostro gruppo di giovani, una volta arrivati  nalla capitale italiana, trova dimora. La parrocchia intitolata a lui ci accoglie, magari con qualche disagio derivato dai numerosi gruppi di pellegrini per i quali deve essere predisposto un alloggio. A Roma Francesco è venuto per far si che il Papa riconosca la sua compagnia … ci resta … prega … soffre… testimonia che ama quella Chiesa che è chiamato a … riparare. I nostri giovani ci sono, ascoltano il Papa, vivono momenti di profondo entusiasmo, testimoniano al Vescovo Amedeo  Grab, che li incontra nella Chiesa di San Francesco a Ripa Nuova, che amano la loro Chiesa.


Il Vangelo come regola


Questi strani giovani guidati da un mezzo straccione hanno detto al Papa di avere come regola il Vangelo. E il Papa li ha capiti e li ha inviati con la sua benedizione.

Passano 800 anni, nella immensa spianata di Tor Vergata, un altro Papa, lo stesso Vangelo, una moltitudine di ragazzi accampati alla bella meglio… una missione.

Il Papa affida loro il Vangelo di Marco: “Questa sera consegnerò il Vangelo, è il dono che il Papa vi lascia in questa veglia indimenticabile. La parola contenuta in Esso, è la parola di Gesù. Se l’ascolterete nel silenzio, nella preghiera facendovi aiutare a comprenderla per la vostra vita dal consiglio saggio dei vostri sacerdoti ed educatori, allora incontrerete Cristo e lo seguirete, impegnando giorno dopo giorno la vita per Lui”.

Ai nostri giovani, allora, come una mirabile sintesi di un itinerario di dieci giorni, appare che quell’essenzialità scopertine/coperta sulle orme di Francesco riecheggia in questa serata con il Papa. Ad essi è affidato il Vangelo di Marco che parla di discepolato e del cammino di questi per entrare piano piano nel progetto del Regno di Dio. Esso, come dice la premessa stessa al testo, viene consegnato ai giovani perché costituisca dall’inizio, il fondamento di questo nuovo millennio.